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Alimenti irradiati: cosa significa la dicitura in etichetta?

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Alimenti irradiati o trattati con radiazioni ionizzanti?

Avete mai letto sulle etichette degli alimenti la dicitura “irradiato” oppure “trattato con radiazioni ionizzanti”? Quando trovate tali etichette siete di fronte ad un alimento che ha subito un trattamento particolare, l’irradiazione appunto. Attenti però a non confondere gli alimenti irradiati con gli organismi geneticamente modificati o transgenici. Negli OGM la modifica del DNA del ricevente avviene tramite l’inserimento di frammenti di DNA o geni di un altro organismo. L’irradiazione invece, è un processo durante il quale i cibi sono esposti a raggi gamma, oppure a raggi X o a fasci di elettroni emessi da sorgenti artificiali.

Qual è lo scopo dell’irradiazione degli alimenti?

La pratica dell’irradiazione degli alimenti è normata dalla direttiva CE del febbraio 1999. Secondo le disposizioni, tale pratica è utilizzata “allo scopo di ridurre l’incidenza di malattie di origine alimentare mediante la distruzione di organismi patogeni”. La normativa stabilisce il campo di applicazione, le finalità e le condizioni del trattamento. Comprese le sorgenti di radiazioni che possono essere utilizzate, le procedure per il calcolo delle radiazioni assorbite dall’alimento e i requisiti igienici dei prodotti. La normativa stabilisce anche che il trattamento dei prodotti con radiazioni ionizzanti, avvenga solo in impianti muniti di autorizzazione (Benatti, 2014).

Lo scopo di questi trattamenti è dunque favorire la conservazione, maturazione e impedire la germogliazione e lo sviluppo di germi nocivi. In questo modo, si allunga il tempo di conservazione. Salvando una gran quantità di vegetali che andrebbe perduta per infestazione di insetti, muffe, batteri o germinazioni premature.

Alimenti irradiati: quali sono le categorie di alimenti trattate?

Oltre alla lista della direttiva, esistono una trentina di categorie di alimenti che in Europa è soggetta a questo trattamento: si va dalla cipolla alle patate, da certi tipi di frutta ai cereali, fino alle spezie, alla carne, i molluschi e le uova. In Italia l’autorizzazione vige solo per patate, cipolle e aglio, ma negli altri paesi europei il nulla osta copre un’ampia gamma di cibi che possono ricevere anche fino a 10 KiloGray (KGy).

Il Gray è l’unità di misura della dose assorbita di radiazioni e 1 KiloGray equivale a 1000 Gray. Per fare un paragone, una radiografia comporta una dose media assorbita che rientra in un intervallo che va da 1 a 30 millesimi di Gray circa. Le autorità sanitarie internazionali ed europee concludono quindi che, restando al di sotto della soglia ammessa di kGy, non esistano danni per la salute. Negli anni c’è però chi ha avuto più di un dubbio riguardo la sicurezza di tali trattamenti e sono molti gli studi che forniscono elementi su cui vale la pena riflettere (Benatti, 2014).

Alimenti irradiati in Italia & Svizzera: le direttive

In Italia, oltre a erbe aromatiche e spezie, autorizzate con il Decreto ministeriale del 18 luglio 1996, è consentito il trattamento a scopo anti-germogliativo di patate, cipolle ed aglio (DM 30 agosto 1973).

Per quanto riguarda la Svizzera, il prodotto finale irradiato dev’essere etichettato e descritto come: «trattato con radiazioni ionizzanti» o «irradiato». Tuttavia, dal 1° aprile 2008, l’irradiazione di erbe e spezie essiccate è generalmente permessa a condizione di rispettare determinate condizioni quadro, mentre l’irradiazione di altre derrate alimentari continua a essere soggetta ad autorizzazione (LDerr art. 9 e 21; ODerr art. 19, 20 e 26-28; OCDerr art. 2).

Alimenti irradiati nel Mondo

Negli altri paesi membri della UE e non, la quantità di alimenti irradiati è invece tutt’altro che trascurabili. Data la globalità del mercato infatti, le materie prime usate nella produzione degli alimenti sono spesso importate da Olanda, Francia, Thailandia, Belgio, Canada, Cile, Polonia, Spagna, Ungheria, Usa, Argentina, Israele, Norvegia. In Europa, le nazioni in cui si utilizza di più questa pratica sono: il Belgio (con 3591 tonnellate di cibo nel 2008, 2816 nel 2009) e i Paesi Bassi (con 3104 tonnellate nel 2008 e 1593 nel 2009), seguiti dalla Francia (946 tonnellate nel 2008 e 1198 nel 2009) e a grande distanza Germania (con 332 tonnellate nel 2008 e 95 l’anno dopo), Ungheria (rispettivamente 257 e 228) e Spagna (253 e 460) (Benatti, 2014).

In attesa che altri alimenti vengano inseriti nella lista, ogni stato membro può quindi mantenere le autorizzazioni nazionali vigenti, purché l’irradiazione e l’immissione sul mercato siano effettuate in conformità alle disposizioni. La normativa impone infatti che gli alimenti irradiati riportino sull’etichetta un’apposita dicitura o logo, ma non sempre questo accade. Nel 2005, ad esempio, durante i controlli della Commissione europea sono riscontrate irregolarità in un 4% del totale dei campioni analizzati. Seppur le analisi siano aumentate, ciò non basta per avere un controllo efficace su tutti i prodotti che arrivano nei supermercati. Spesso passano inosservate tutte le semenze irradiate e manipolate geneticamente che danno vita a derivati come pasta, pane, biscotti, ecc. A questo punto, è chiaro che abbiate intuito il paradosso: nonostante le precauzioni, molti prodotti finiti non saranno classificati come irradiati.

Alimenti irradiati: quali sono i rischi per la salute?

Nel 2003, l’associazione americana Alliance for Natural Health riguardo il Food Safety Modernization Act, lancia però il primo allarme. Quando una legge che alcune associazioni di consumatori erano riuscite a emendare sugli aspetti più rischiosi passa al vaglio dei politici, decretando l’incoraggiamento all’irradiazione dei cibi. La modalità di irraggiamento è stata dunque estesa ma per l’associazione ciò rappresenta un serio rischio per la salute perché non esistono standard federali per le radiazioni. Le ricerche hanno infatti evidenziato molti problemi negli animali nutriti con alimenti irradiati, comprese aberrazioni cromosomiche, rare forme di cancro e anche morte prematura (Benatti, 2014).

Gerald Brownell, biochimico dell’Università del Michigan, ha dimostrato che le patate irradiate causano nei topi un’incidenza molto alta di tumori e artriti. In India i ricercatori dell’Istituto Nazionale della Nutrizione hanno osservato, nei bambini nutriti con grano irradiato, un aumento di alterazioni genetiche nelle cellule del midollo osseo. Il consumo di alimenti irradiati è stato anche associato al forte aumento dei radicali liberi che causano invecchiamento precoce.

Alimenti irradiati: il rapporto dell’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare)

Nel 2011, anche l’EFSA conduce una revisione delle ricerche disponibili in materia di cibi irradiati. Ma in questa analisi, non tutti i passaggi sono rassicuranti. Nel rapporto, si legge ad esempio che “poiché le radiazioni ionizzanti passano attraverso i cibi, provocano trasformazioni chimiche a catena”. I principali composti che si rilevano sono alcuni idrocarburi e 2-alchilciclobutanoni (possono danneggiare il DNA), ovvero sostanze che si producono esclusivamente dopo irradiazione che vengono utilizzate come marker per verificare se un determinato alimento è stato irradiato (Benatti, 2014).

Nel 2007 un gruppo di ricercatori dell’Università di Berlino aveva già approfondito la questione, studiando la citotossicità e la genotossicità dei 2-alchilciclobutanoni sui batteri e sulle cellule umane. La citotossicità è risultata evidente sui batteri, ma sono state riscontrate lesioni della base del DNA per quanto riguarda le cellule umane. I ricercatori hanno concluso raccomandando ulteriori studi per chiarire i meccanismi di azione e la potenziale rilevanza di queste sostanze per gli esseri umani (Benatti, 2014).

Il dipartimento di tossicologia nutrizionale dell’Istituto per le scienze della nutrizione di Jena in Germania ha invece dichiarato che “i 2-alchilciclobutanoni rappresentano una nuova classe di contaminanti alimentari”. Nel loro studio pubblicato su Mutation Research si legge: “i risultati di precedenti studi in vitro su cellule primarie di colon umano e in vivo su ratti alimentati con 2-alchilciclobutanoni hanno dimostrato che questi derivati radiolitici possono essere genotossici e aumentare la progressione del tumore al colon. Ma il meccanismo che sta alla base di questi effetti non è ancora chiaro” (Benatti, 2014).

Quindi come possiamo essere veramente tranquilli? Probabilmente la cosa migliore è che ognuno di noi rifletta sulle informazioni a disposizione affinché sia in grado di prendere decisioni consapevoli.

Irradiazione: effetti collaterali sulle qualità nutrizionali degli alimenti

Questi trattamenti sono a tutti gli effetti una manovra correttiva tramite aggiunta di additivi. Molti dei quali notoriamente tossici. Nel latte la vitamina C cala del 70%, mentre nelle carote e nelle patate la perdita è del 50%. Molti aminoacidi essenziali, come la metionina, la cisteina e la fenilalanina vengono gravemente danneggiate perdendo ogni proprietà nutritiva. L’irradiamento nucleare provoca infatti l’inevitabile scadimento nutrizionale degli alimenti per almeno due motivi:

  • vengono danneggiate in modo rilevante le vitamine A, quelle del gruppo B, C, E, K contenuti in frutta, verdura, latte e pesce;
  • gli alimenti perdono gran parte delle loro vitamine;

Il trattamento non si ripercuote solo sui valori nutrizionali e il contenuto vitaminico ma modifica anche sapore, consistenza, colore e odore degli alimenti. Cosa fare quindi per assicurarsi cibi non trattati?

Mangiare biologico vs Mangiare Funzionale

Per garantirsi prodotti veramente genuini, la cosa migliore è scegliere alimenti di produzione locale. Ancora meglio se biologici o a kilometro 0. L’alternativa all’irradiazione sono infatti i normali metodi di conservazione per neutralizzare i germi patogeni. La refrigerazione è efficace a bloccare la germogliazione di patate, cipolle, tuberi e bulbi; il vapore elimina gli insetti da fragole e altra frutta; i saggi immunologici individuano i parassiti nella carne. 

Sempre più persone oggi, si dimostrano sensibili al tema dell’alimentazione e, poiché alla ricerca di prodotti che offrono maggiori garanzie in termini di sicurezza e qualità, la scelta ricade spesso sui cibi biologici. I prodotti biologici, garantiscono invece processi più severi principalmente perché i produttori preferiscono rinunciare a insetticidi ed erbicidi chimici. Tuttavia, molti di questi alimenti utilizzano comunque semenze e materie prime che negli anni hanno subito manipolazioni genetiche artificiali. La maggior difficoltà si incontra proprio in questo ambito: andare oltre l’etichettamento di prodotto BIO e riconoscere gli alimenti funzionali alla salute del vostro organismo.  

Scegliete quindi formulazioni che apportino i giusti nutrienti e non tollerate la presenza di OGM o di tecnologie che modificano artificialmente la struttura chimica e genetica degli ingredienti. Infine, prestate attenzione alla tracciabilità e alle certificazioni della filiera. Con queste semplici precauzioni sarete certi di scegliere cibi nutrizionalmente equilibrati senza rinunciare al piacere di un buon pasto. 

Riferimenti bibliografici:

“Cibi irradiati: raggi X a tavola” di Claudia Benatti, edizioni Terra Nuova – https://www.terranuovalibri.it/

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